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Le black slot: fatti e misfatti di un’estate calda
Se c’è qualcuno che ha seguito, in questo ultimo anno, la vicenda delle black 
slot, è il solo in grado di valutare quale sia, allo stato attuale, la 
situazione del gioco in Italia. Da un anno in qua le notizie diffuse che 
riguardano questo settore sono state talmente tante che, chi si occupa 
direttamente o indirettamente, di questo comparto, se non ha già alzato bandiera 
bianca, troverà in queste brevi note di sintesi, lo stimolo per continuare ad 
occuparsi di un settore che è l’esempio più eclatante di come, in Italia, a 
volte, si naviga a vista, altre volte, si sbaglia la rotta.. Se questa non fosse 
la ragione di “tanto” garbuglio allora ci sarebbe, sì, di che preoccuparsi, in 
quanto la ragione sarebbe riconducibile alla volontà di mescolare le carte per 
raggiungere il fine di impoverire il popolo italiano, insomma, un vero e proprio 
colpo di Stato, se è vero (e non c’è motivo per dubitarlo ) che nella materia 
del gioco d’azzardo non si pone neppure il problema del fine del lucro, perché 
le macchine “mangiasoldi” consentono qualche vincita solo per esaurire le 
risorse del giocatore in modo non improvviso. Così osservava la terza sezione 
della Cassazione penale1 quando ancora le macchine “mangiasoldi” 
erano relegate nei casinò e chi voleva giocarci era ben consapevole del luogo in 
cui si trovava. Ma il fatto grave oggi è, che a rimetterci non sono solo i 
giocatori illusi, ma anche gli imprenditori e a questo punto l’interrogativo è: 
chi ci guadagna? 
La novità è che le black slot, pur munite del nulla osta rilasciato 
dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono state messe fuori legge 
dalla Procura di Venezia che ha invitato AAMS, gestori ed esercenti, a ritirare 
dal mercato le macchine sul mercato, ovvero posizionate in esercizi pubblici, 
circoli eccetera, in quanto, a giudizio della procura, le black slot, consentono 
il gioco d’azzardo che, in Italia, all’atto del rilascio dei nulla osta, era 
illecito. Oggi ben sappiamo che non è più così, a seguito della più recente 
modifica inserita al comma 5 dell’articolo 110 del t.u.l.p.s. Ordine di 
sequestro, circolari e quant’altro è necessario ad una conoscenza dell’attuale 
situazione è tutto disponibile nel sito www.aams.it, il sito, in pratica 
dell’amministrazione dei Monopoli che da un paio d’anni è incaricata di seguire 
in via esclusiva il comparto al fine, neanche poco mascherato, di far lievitare 
le casse dello Stato e che, una ne fa e cento ne pensa. E con successo anche, se 
dalla relazione della Corte dei Conti risulta che sono ben 1.931 milioni il 
prelievo erariale sugli apparecchi e congegni di gioco (640 milioni in più 
rispetto lo scorso anno) e che questi, in percentuale, incidono per il 18,73 per 
cento sul totale della categoria. Sempre meno lotto e sempre più slot machine, 
sembra essere questo l’invito rivolto agli appassionati del gioco, con la 
campagna pubblicitaria “Gioco sicuro” di AAMS. Che diamine! Un po’ di modernità 
ci vuole. 
Ironia a parte, l’occasione per queste brevi note sul gaming italiano 
nasce da un’ interessante circolare emanata dalla Questura di Reggio Emilia nel 
maggio scorso.2 La circolare parte da alcune considerazioni espresse 
dal Ministero dell’Interno, interpellato sul tema, che meritano di essere 
approfondite per evitare di incorrere in quella genericità che, a volte, 
consegue all’affermazione: 
“E’ stato detto che è così!”.
Chi scrive, ha avuto la folle idea, una decina di anni fa, di andare alle radici 
storiche della disciplina, per cercare di venire a capo di un insieme di 
disposizioni che nel tempo si erano stratificate, sposando la tesi che 
l’ordinamento è sempre coerente. Questo background di conoscenza rende più 
agevole, oggi, “interpretare” certi passaggi logici che hanno ragione d’essere, 
soltanto se incardinati in un preciso contesto normativo.
La disciplina di settore
A prescindere dalle varie finanziarie, collegate, ecc. la disciplina del 
gioco è contenuta tutta negli articoli 86, 88, 110 del t.u.l.p.s.; 194 e 195 del 
relativo regolamento. Il t.u.l.p.s., non serve precisare, è il testo unico di 
pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, anche se 
parte della disciplina rientra, oggi, nella materia della “polizia 
amministrativa”, attribuita alle regioni. Che i giochi siano da un paio di anni 
in qua diventati l’assillo degli operatori pubblici è ormai cosa nota. Non c’è 
comune, per quanto piccolo, che non abbia un bar o una rivendita di tabacchi 
dove sono stati installati gli apparecchi da intrattenimento e, di conseguenza, 
il responsabile dell’ufficio comunale si senta in dovere di conoscere la 
disciplina in modo tale da essere in grado di fornire agli operatori la risposta 
corretta ad ogni interrogativo posto. Ma con riguardo al settore del gioco non è 
facile dare risposte esaustive ed esaurienti per la complessità della 
disciplina, come risulta ben evidente accedendo al sito dell’ Amministrazione 
autonoma dei monopoli di Stato, all’indirizzo 
www.aams.it, nella specifica sezione new slot. Sono sei le leggi che 
regolano la materia; un decreto ministeriale, 16 decreti interdirettoriali e una 
ventina tra note e circolari. Per di più, non c’è finanziaria o comunque una 
legge omnibus, com’è stato anche lo scorso anno con il decreto Bersani o la 
finanziaria 2007, che non introduca nuove norme. Insomma, il non aver un quadro 
di riferimento certo, bensì variabile, rende arduo anche definire il 
procedimento autorizzatorio. Relativamente a questo aspetto, in un quadro già di 
per se complesso è intervenuta la sentenza del Tar Lazio n. 15382 del 21 
dicembre 2006 che ha riesumato una problematica che, ad onor del vero, nella 
quantità di disposizioni che regolano il comparto, a molti era sfuggita. La 
questione è connessa ai requisiti di onorabilità per un’attività, quale quella 
della raccolta delle giocate, che per il normatore statale presuppone l’esigenza 
di particolari requisiti atti a scongiurare ogni possibile degenerazione 
criminale o infiltrazione illecit a nel gioco stesso. Il problema sorge in 
concomitanza e conseguenza del decreto direttoriale 17 maggio 2006 che fissa i 
requisiti morali dei terzi incaricati nella raccolta delle giocate mediante 
apparecchi con vincite in denaro. La questione, logicamente, riguarda tutti i 
distributori (o gestori) autorizzati dai comuni in base al terzo comma dell’art. 
86 t.u.l.p.s. ma anche, evidentemente, gli esercenti nel caso in cui siano 
questi ad essere incaricati della raccolta delle giocate.
I requisiti di onorabilità per gli incaricati della raccolta
In sostanza, i distributori/gestori/esercenti oltre a possedere i requisiti 
di onorabilità previsti dal t.u.l.p.s., agli articoli 11 e 92, ne devono 
possedere di ulteriori, quelli individuati dal decreto direttoriale del maggio 
2006.
Questi requisiti sono elencati all’articolo 2 del decreto e consistono 
nell’insussistenza, negli ultimi cinque anni, di misure cautelari, provvedimenti 
di rinvio a giudizio, condanne con sentenza passata in giudicato od applicazioni 
della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, 
per reati di mafia, delitti contro la fede pubblica, delitti contro il 
patrimonio, reati di natura finanziaria o tributaria, nonché fattispecie 
previste all'art. 110, comma 9, del t.u.l.p.s., antecedentemente all'entrata in 
vigore dell'art. 1, comma 543, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. 
Relativamente a questi ulteriori requisiti è doverosa una precisazione: per la 
prima volta, nel settore delle attività economiche, si fa riferimento, tra i 
requisiti di onorabilità necessari, non ad una condanna, anche se non ancora 
definitiva, ma soltanto ad un provvedimento di rinvio a giudizio. La questione 
non è di poco conto anche se il TAR Lazio con la sentenza n. 15382 del 21 
dicembre 2006 confermata dal Consiglio di Stato sezione IV, con sentenza del 5 
luglio 2007, n. 3833, con un’argomentazione efficace e convincente, ne 
giustifica la previsione.
La verifica dei requisiti
Il comune, territorialmente competente, istruisce i procedimenti per 
l’autorizzazione alla produzione, la distribuzione, la gestione e 
l’installazione degli apparecchi. Una corretta applicazione della nuova 
disposizione in materia di requisiti di onorabilità, di conseguenza, vede l’ente 
locale protagonista della fase del controllo della sussistenza dei requisiti di 
onorabilità che sono aggiuntivi rispetto quelli previsti dagli articoli 11 e 92 
del t.u.l.p.s. Questo, ovviamente, nell’ipotesi in cui i soggetti previsti dal 
terzo comma dell’art. 86 del t.u.l.p.s. siano stati incaricati al concessionario 
di procedere alla raccolta delle giocate.
E’ pur vero che il comma 4 dell’articolo 2 del decreto in questione prevede 
espressamente che “ Il possesso dei requisiti di cui ai commi precedenti è 
documentato dalla parte contraente al concessionario, in sede di stipula, 
integrazione o modifica del contratto, mediante la presentazione di idonee 
certificazioni rilasciate dalle amministrazioni competenti e sono, altresì, 
ammesse dichiarazioni sostitutive di cui al decreto del Presidente della 
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ma pare che questa disposizione soddisfi 
esigenze più formali che sostanziali.
Tra l’altro, non va sottaciuto, che gli utilizzatori delle autocertificazioni, 
molto spesso, non hanno l’esatta percezione dell’assunzione di responsabilità 
conseguente alla sottoscrizione dell’autocertificazione. Incorrere nel reato di 
falso ideologico in questa specifica fattispecie potrebbe essere più facile di 
quanto si possa pensare, tenuto conto che una delle certificazioni richieste 
dopo l’insussistenza di misure cautelari, provvedimenti di rinvio a giudizio, 
condanne con sentenza passata in giudicato od applicazioni della pena su 
richiesta ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per reati di 
mafia; delitti contro la fede pubblica; delitti contro il patrimonio; reati di 
natura finanziaria o tributaria, è prevista anche la dichiarazione, all’art. 2, 
comma 1, punto 5) del decreto 17 maggio 2006, dell’insussistenza di 
“fattispecie previste all'art. 110, comma 9, del T.U.L.P.S., antecedentemente 
all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 543, della legge 23 dicembre 2005, n. 
266” . A priva vista può sembrare uno scherzo, un errore tipografico, un 
gioco di parole, ma così non è ed il distributore/gestore – raccoglitore delle 
giocate, la dichiarazione la deve comunque fare.
Il punto di vista del Ministero dell’Interno
Alla fine di gennaio di quest’anno, il Ministero dell’interno sollecitato 
dalla Questura di Reggio Emilia ha analizzato la problematica connessa al 
sistema autorizzatorio per l’installazione dei giochi di cui al comma 6 e 7 a 
seguito delle modifiche apportate al comma 86 dalla legge finanziaria 2006.
“Com’è noto, - introduce la nota del Mininterno - i commi 534 e 541 dell’art. 1 
della legge 23 dicembre 2005, n.266, comprendono rispettivamente la 
riformulazione dell’art.86 t.u.l.p.s. concernente il titolo autorizzatorio per 
le attività di produzione, importazione, distribuzione e installazione degli 
apparecchi da gioco, e dell’art.110, comma 3, recante l’individuazione dei 
luoghi o aree ove è possibile installare tali giochi. Il citato comma 534 
dell’art.1 della legge 23.12.2005, n. 266, - continua la nota - prevede 
espressamente che “Relativamente agli apparecchi e congegni automatici, 
semiautomatici ed elettronici di cui all’art.110, commi 6 e 7, la licenza è 
altresì necessaria: ….
c) per l’installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già 
in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma o di cui all’art. 
88 ovvero per l’installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli 
privati”.
Per quanto esposto, - precisa il Ministero - si ritiene che il rilascio di una 
ulteriore identica autorizzazione a esercenti già in possesso di licenza ex 
artt.86, commi 1 e 2, o 88 del t.u.l.p.s. per installare detti apparecchi nei 
propri esercizi, contrasti con la struttura e la portata precettiva della 
disposizione normativa di cui si discute. Si ritiene, invece, che gli esercenti 
in possesso di licenza di cui agli artt. 86, commi 1 e 2, e 88 del t.u.l.p.s., 
in forza del titolo di polizia già posseduto potranno installare apparecchi da 
gioco o intrattenimento di cui all’art.110 del t.u.l.p.s., senza richiedere una 
ulteriore analoga autorizzazione mentre, com’è noto, soltanto i titolari degli 
esercizi ricompresi nel 3° comma del citato art. 86 del t.u.l.p.s. dovranno 
richiedere al competente comune l’autorizzazione all’installazione.”
Le argomentazioni del Mininterno sono totalmente e assolutamente condivisibili e 
possiamo ben dire che questa interpretazione è sempre stata sostenuta da chi 
scrive. Tuttavia, al fine di operare quella necessaria opera di 
sistematizzazione del diritto, che su questo argomento si è sviluppata, sono 
necessarie alcune puntualizzazioni per dimostrare che : una cosa è affermare che 
per l’installazione degli apparecchi di cui al comma 6 dell’art. 110 del 
t.u.l.p.s. non serve la licenza prevista dal comma terzo dell’articolo 86 del 
t.u.l.p.s., altra è ritenere che “il gioco lecito” mediante l’utilizzo degli 
apparecchi di cui al comma 6 non abbisogna di alcuna licenza. Questa 
affermazione, infatti, è inesatta.
Il gioco lecito negli esercizi pubblici
Com’è noto, l’articolo 86 del t.u.l.p.s. assoggetta a licenza “l’apertura di 
alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o 
altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori 
od altre bevande anche non alcooliche, né sale pubbliche per bigliardi o per 
altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali d i stallaggio e 
simili.” Va da sè che in questo elenco sono compresi esercizi pubblici che nulla 
hanno a che fare con il gioco: alberghi, locande, pensioni, osterie, 
stabilimenti bagni e locali di stallaggio ed esercizi pubblici dove, invece, il 
gioco è espressamente autorizzato. Questi esercizi pubblici sono le sale 
pubbliche per bigliardi o per altri giochi leciti e tutte le categorie 
autorizzate ai sensi dell’articolo 88.
Il t.u.l.p.s., e ben lo sanno gli operatori pubblici, non esaurisce la 
disciplina ne l settore della pubblica sicurezza, ed oggi, di polizia 
amministrativa. Infatti, la disciplina primaria è integrata dal regolamento 
"Regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773 delle Leggi 
di Pubblica Sicurezza " approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. 
Specificatamente, ed è su questa norma che ci si intende soffermare, l’articolo 
194 dispone che: “Nei pubblici esercizi non sono permessi i giuochi, ove non 
ne sia stata data espressa autorizzazione.”
Questa disposizione è talmente precisa che non serve andare a ripescare il 
brocardo in claris non fit interpretatio (nelle questioni chiare non si 
fa luogo a interpretazione personale) per poter affermare che negli esercizi 
pubblici autorizzati ai sensi dell’articolo 86, per le attività che non 
presuppongono il gioco (come avviene per le sale giochi e per le attività ex 
art. 88 t.u.l.p.s.) il gioco lecito può essere esercitato soltanto se permesso 
da specifica autorizzazione, ovvero da autorizzazione rilasciata ai sensi 
dell’art. 194 del regolamento t.u.l.p.s. In sostanza, il titolare del bar, 
ristorante, albergo, stabilimento balneare e via dicendo, se deciderà di 
consentire all’interno del suo esercizio pubblico la pratica del gioco lecito 
con: carte, biliardi, freccette, videogiochi o, anche, con gli apparecchi di cui 
al comma 6 dell’art. 110 del t.u.l.p.s. dovrà, prioritariamente, essere 
autorizzato. L’affermare, quindi, che per installare gli apparecchi di cui si 
sta trattando non è necessaria l’autorizzazione di cui al terzo comma 
dell’articolo 86 del t.u.l.p.s. può essere fuorviante se, contemporaneamente, 
non si puntualizza che l’esercizio pubblico può consentire la pratica del gioco 
soltanto se espressamente autorizzato: vuoi con il titolo principale: articolo 
86 per le sale gioco, vuoi con il titolo accessorio previsto dall’articolo 194 
regolamento t.u.l.p.s. per le restanti categorie incluse nell’articolo 86.
Dia o autorizzazione?
Riguardo al sistema autorizzatorio per l’attività di gioco all’interno dei 
pubblici esercizi, si è detto a sufficienza. Rimane ancora da definire una 
questione che concerne anche, o meglio soprattutto, l’autorizzazione prevista 
per i soggetti individuati al terzo comma dell’articolo 86 del t.u.l.p.s. Se è 
prevista la raccolta delle giocate, i requisiti sono anche quelli individuati 
dal decreto del maggio 2006. In caso contrario, i requisiti sono quelli fissati 
dagli articoli 11 e 923 del testo unico3. In particolare, il comma 
secondo dell’art. 11 del t.u.l.p.s. prevede alcune ipotesi di condanne per 
reato, che demandano, o demanderebbero, all’autorità competente (nella 
fattispecie il Comune) la discrezionalità se concedere o meno la licenza. La 
disposizione di cui all’art. 11, comma secondo, del t.u.l.p.s., infatti, nel 
precedere l’elencazione delle ipotesi di condanna per i reati, esplica che in 
tali circostanze “le autorizzazioni di polizia possono essere negate”. La 
locuzione “possono” denota l’esercizio di discrezionalità. E’ superfluo rilevare 
che un procedimento caratterizzato da elementi di discrezionalità non può essere 
sottoposto a denuncia di inizio attività come invece in molte realtà è possibile 
riscontrare, nella convinzione che age volare le imprese corrisponda ad un 
interesse pubblico.
Neppure dopo la modifica dell’art. 19 disposta dalla l. 80/2005, la legge di 
riconversione del d.l. 35/2005, che ha tolto l’inciso riferito alle valutazioni 
tecniche discrezionali dall’articolo 19 della legge 241/1990, può essere mutata 
l’interpretazione. Il legislatore ha ritenuto che il modello 
dell’autoresponsabilità del privato non può arrivare a consentire la 
sostituzione dello stesso privatoall’amministrazione nella funzione di 
apprezzamento e di comparazione degli interessi pubblici, ovvero nell’ubi 
consistam della discrezionalità amministrativa4.
E’ questione, questa, su cui è opportuno soffermarsi e riflettere, in forza 
della trasformazione che il settore del gaming italiano sta subendo e degli 
interessi, o meglio degli appetiti, che potrebbe far nascere. Un’attenta lettura 
e valutazione, quindi, del certificato del casellario può essere un concreto 
contributo ad elevare la qualità dell’offerta a vantaggio degli operatori 
corretti. In tal modo l’Amministrazione dei monopoli che sostiene il “gioco 
sicuro” avrà negli enti locali un valido alleato.
2 agosto 2007
1 La sentenza è la n. 1030 del 10 marzo 2000.
2 La circolare è stata pubblicata sul sito www.jamma.it , sito specializzato nel 
gioco molto aggiornato su tutti i fronti.
3 Cfr art. 11 t.u.l.p.s. Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge 
nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia
debbono essere negate:
a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale 
superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la 
riabilitazione;
a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato 
dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna 
per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero 
per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, 
estorsione, sequestro di persona a scopo di rap ina o di estorsione, o per 
violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona 
condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata 
vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono 
subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a 
risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della 
autorizzazione.
Art. 92 t.u.l.p.s.
Oltre a quanto è preveduto dall'art. 11, la licenza di esercizio pubblico e 
l'autorizzazione di cui all'art. 89 non possono essere date a chi sia stato 
condannato per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, o contro la 
sanità pubblica o per giuochi d'azzardo, o per delitti commessi in istato di 
ubriachezza o per co ntravvenzioni concernenti la prevenzione dell'alcoolismo, o 
per infrazioni alla legge sul lotto, o per abuso di sostanze stupefacenti.
4 M.FILIPPI, La nuova dia e gli incerti confini con il silenzio-assenso. 
Articoli e note. Nel sito www.giustamm.it