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Quest’anno è stato smentito l’antico detto: la prima pioggia d’agosto 
rinfresca il bosco. I temporali che si sono scatenati su tante regioni d’Italia 
non hanno fatto altro che aumentare il grado di umidità che rende invivibili 
queste giornate di fine estate. A malincuore, quindi, cito in negativo Henry 
James che aveva definito a long summer afternoon la frase foneticamente 
più bella. Che consolazione, infatti, possono dare le buone letture, abituale 
piacere estivo, quando la cappa di caldo-umido delle giornate d’agosto rende 
gravoso ogni gesto? Il temporale e il vento di oggi, ultimo giorno di agosto, 
hanno reso l’aria più respirabile. Il cielo nero non lascia presagire alcuna 
schiarita. Insomma, è il tempo ideale per una lettura. 
About a sentence, of course. 
La qualità della normazione
Più di sette anni fa, e precisamente con direttiva del Presidente del 
Consiglio dei Ministri del 27 marzo 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 
del 23 maggio 2000, n. 118, sono state emanate disposizioni per l’analisi 
tecnico-normativa e analisi dell'impatto e della regolamentazione dei 
provvedimenti proposti dal Governo, siano essi disegni di legge ma anche 
circolari o regole tecniche. Su questo percorso, fortemente sostenuto dall’Ocse 
già all’inizio degli anni ‘90, si sta orientando e concretamente impegnando lo 
Stato e diverse regioni. Tra l’altro, a luglio di quest’anno, è stato approvato 
il Piano di azione per la semplificazione e la qualità della regolazione, che 
introduce una rilevante novità: la consultazione dei cittadini e delle imprese. 
Un contesto di regole semplici e chiare, è il punto di vista del Governo, è un 
fattore decisivo per assicurare la competitività del Paese e il reale esercizio 
dei diritti da parte dei cittadini. Il Governo approverà ogni anno un piano di 
azione per definire in modo unitario gli obiettivi da perseguire e le 
conseguenti azioni da realizzare per garantire il raggiungimento di risultati 
concreti di semplificazione e miglioramento della qualità della regolazione. 
Fino al 15 ottobre, è possibile partecipare alla consultazione del primo piano 
approvato il 15 giugno scorso dal Consiglio dei ministri, compilando un 
questionario on-line pubblicato all’indirizzo:
http://www.governo.it/questionario/dati.asp.  
E’ una forma di democrazia partecipata che non può non essere giudicata più che 
positivamente, e che forse andrebbe maggiormente pubblicizzata al fine di 
ottenere il maggior numero di contributi. Il miglioramento della qualità della 
regolazione e la connessa semplificazione sono fattori decisivi per la 
competitività del Paese, per l’effettività dei diritti fondamentali dei 
cittadini. Questi ambiziosi progetti, ci inducono oggi a riflettere su una 
disposizione o, meglio ancora, su un regolamento che pone non pochi problemi 
interpretativi. Si tratta del d.p.r. 480 del 2001. Uno dei tanti regolamenti in 
materia di semplificazione emanati in attuazione della legge Bassanini 1. Il 
regolamento 480 del 19 dicembre 2001 disciplina il procedimento di 
autorizzazione per l'esercizio dell'attività di rimessa di veicoli e degli 
adempimenti richiesti agli esercenti autorimesse. Ma che cosa si intende per 
attività di rimessa di veicoli?
L’attività di rimessa
La questione non è di poco conto, come qui di seguito sarà chiarito, e per 
gli interpreti, per coloro i quali le norme le devono applicare, si delinea un 
quadro decisamente fosco. 
Sulla Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2002 sono stati pubblicati i 
regolamenti per l’esercizio dell’attività, rispettivamente, di rimessa di 
veicoli e di noleggio di veicoli senza conducente. Con precisione, tali 
regolamenti sono stati emanati in attuazione della legge annuale di 
semplificazione n. 340 del 24 novembre 2000, punto 32 dell’allegato A. La 
necessità o, meglio ancora, l’obbligo di emanare la legge annuale di 
semplificazione, è stato formalmente istituito dalla Legge n. 59/1997. In Italia 
esistono troppe leggi, che spesso disciplinano anche materie per le quali non 
sarebbe necessaria una legge e ciò è dovuto al fatto che la nostra Costituzione 
non prevede alcuna riserva specifica. Non prevede, in sostanza, quali sono le 
materie che devono essere disciplinate con legge e quali con regolamento. Nella 
terza parte della legge Bassanini 1, quindi, era stata prevista una grande e 
continuativa opera di delegificazione e di deregolamentazione. Era stato 
stabilito che ogni anno, con la cosiddetta legge annuale di semplificazione, 
Parlamento e Governo avevano il compito di mettere ordine nell’ordinamento al 
fine di ridurre il numero delle leggi esistenti e di assoggettare a regolamento 
fattispecie prima disciplinate da legge. Più tecnicamente, secondo le 
indicazioni della Funzione pubblica, “delegificare” significa trasferire al 
regolamento la facoltà di disciplinare una determinata materia o attività, per 
l'innanzi disciplinata con legge. Nel redigere norme di delegificazione si 
osservano i principi dell'ordinamento in materia, indicando, in particolare, 
l'organo competente a emanare l'atto che si sostituisce alla legge. 
“Deregolamentare” significa, invece, trasferire all'autonomia privata la facoltà 
di disciplinare una determinata materia o attività, per l'innanzi disciplinata 
con legge o regolamento. E’ quest’ultimo uno dei nuovi obiettivi che si intende 
perseguire anche attraverso l’attività di consultazione in atto.
L’emanazione dei due regolamenti, quindi, per l’esercizio dell’attività di 
rimessa di veicoli e di noleggio di veicoli senza conducente si inserisce in 
quest’ottica. Tuttavia, se da un lato i due regolamenti hanno codificato il 
processo di semplificazione che per la maggior parte dei procedimenti attinenti 
alle attività produttive è ormai ampliamente applicato in forza dell’articolo 19 
della legge 241 del 1990, dall’altro si pone l’interrogativo di una semplicità 
elementare: qual è l’ambito di applicazione del d.p.r. 480 del 2001?
I preesistenti dubbi di legittimità
Il d.p.r. 480 del 2001 già poneva dubbi di legittimità conseguenti 
all’incompetenza del Governo all’emanazione dei regolamenti. Questo, in 
relazione al fatto che il novellato art.117 della Costituzione attribuisce allo 
Stato la potestà regolamentare soltanto per le materie allo stesso assegnate in 
via esclusiva. L’incompetenza, purtroppo, a suo tempo non era stata rilevata dal 
Consiglio di Stato per questioni meramente temporali. Infatti, i due regolamenti 
(480 e 481) datati ambedue 19 dicembre 2001 e pubblicati sulla stessa gazzetta 
ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2002 erano stati presi in esame dal Consiglio di 
Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, nell'adunanza del 24 settembre 
2001 ben prima, quindi, della entrata in vigore della legge costituzionale 18 
ottobre 2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della 
Costituzione” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001. In 
sostanza, allora, il Consiglio di Stato non aveva avuto modo di rilevare 
l’incompetenza del Governo all’emanazione dei due regolamenti - come ha fatto 
successivamente per tutte le proposte di regolamento sottoposte all’attenzione 
dello stesso, soltanto perché al momento dell’esame la competenza sussisteva, 
anche se solo un mese dopo non c’era più.
Il punto di vista della Cassazione Penale
L’attività di rimessa è disciplinata dall’articolo 86 anche se, ora, il 
procedimento autorizzazione è contenuto nel già richiamato d.p.r. 480 del 2001. 
Che cosa debba intendersi per “rimessa” è stato attentamente preso in 
considerazione dalla Cassazione penale con una sentenza che, par di capire, non 
ha fatto scuola. Già nel 1989, con la sentenza n. 7720 del 27 maggio, la 
suddetta Corte precisava che un fondo privato destinato a parcheggio non può 
essere considerato presupposto per attività soggetta alla licenza prevista 
dall’art. 86 del t.u.l.p.s. per un insieme di articolate motivazioni che vale la 
pena riprendere in considerazione:
1. “La ragione della speciale disciplina per le rimesse è da individuarsi nella 
concreta pericolosità sociale insita nello svolgimento dell’attività e nella 
correlativa esigenza di prevenzione che impone di assicurare che essa venga 
esercitata opportunamente previo consenso dell’autorità”. “Nel nostro 
ordinamento”, precisò la Corte, “non è prevista una figura di esercizio 
pubblico, ma sussistono fattispecie concrete di esercizi pubblici (come appunto 
prevede nella sua elencazione l’art. 86 del t.u.l.p.s.) che costituiscono 
categorie positive indicate direttamente dalla legge, la cui attività materiale, 
a contenuto economico, è rilevante nel campo delle prestazioni dei beni o di 
apprestamento dei servizi, tra loro anche notevolmente diversi, che la legge 
prende concretamente e singolarmente in considerazione; per cui il concetto di 
esercizio pubblico rimane indeterminato.” “Per valutare se l’attività rientra o 
meno nelle ipotesi dell’art. 86 del t.u.l.p.s. è necessario”, ha evidenziato la 
Corte, “fare ricorso al criterio della tutela della salute e della incolumità 
degli utenti”. Nel caso specifico, peraltro, puntualizzava la Corte, è 
necessario fare anche riferimento al significato del termine rimessa che è stato 
espressamente definito dal d.m. 20 novembre 1981. Questo decreto, evidenziava 
ancora la Corte, che detta norme in materia di sicurezza per la costruzione e 
per l’esercizio dell’autorimessa e simili, precisa che per rimessa deve 
intendersi “un’area coperta destinata al ricovero, alla sosta e alla manovra di 
autoveicoli, eseguita da personale addetto, a mano, o a mezzo di dispositivi 
meccanici”. Dopo il 1981 è stato emanato un ulteriore decreto, il d.m. 1 
febbraio 1986 “Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di 
autorimesse e simili”; anche per questo, per autorimessa (deve intendersi) l’ 
area coperta destinata esclusivamente al ricovero, alla sosta e alla manovra 
degli autoveicoli con i servizi annessi. Non sono considerate autorimesse le 
tettoie aperte almeno su due lati. Nessuna ombra di dubbio, quindi, che uno 
spazio a cielo aperto non può essere considerato autorimessa1. 
2. La sentenza della Corte di Cassazione compiutamente analizzava, poi, le 
questioni connesse alla esatta interpretazione che va data all’art. 86 del 
t.u.l.p.s.. “Non può”, sostiene la Corte “pervenirsi ad una interpretazione 
estensiva della normativa in esso contenuta perchè tale interpretazione non è 
possibile quanto alle parole usate dal legislatore nell’elencare gli esercizi 
per i quali è richiesta la licenza, trattandosi di attività indicate con termini 
di specie che esprimono concetti propri e non più o meno lati, e perchè non è 
ammissibile neppure quanto al contenuto della norma, in quanto non ricorre 
alcuna necessità logica, a proposito della esigenza di tutela degli utenti”. 
“D’altra parte”, concludeva la sentenza, “la norma in questione non indica 
generalmente una serie di fatti o di esercizi a scopo meramente esemplificativo, 
se non per la sola ipotesi dell’esercizio di locali di stallaggio e simili; là 
dove l’espressione “simili” ha riguardo, per sintassi, solo ai locali di 
stallaggio. Una diversa interpretazione si risolverebbe in una interpretazione 
analogica, inammissibile nella legge penale.”
Il punto di vista del Tar Veneto
Di diversa opinione è, invece, il Tar Veneto che, nel solo 2007, ha avuto 
più volte modo di occuparsi di situazioni analoghe a fronte di ricorsi opposti 
da imprese avverso ordinanze comunali di cessazione di attività abusiva di 
rimessa ex articolo 86 del t.u.l.p.s. Tra le diverse pronunce, la più 
interessante è la n. 636 del 15 febbraio 2007, "L'esercizio dell'attività di rimressa"2. Le motivazioni alla 
base del ricorso erano, alla fin fine, ripropositive di quanto sostenuto dalla 
Cassazione Penale, ovvero che consentire a terzi di posteggiare le roulottes 
sul proprio fondo, senza alcun obbligo di custodia, non costituisce attività di 
rimessa ai sensi dell’ art. 86 (che consiste nell’attività - esercitata 
professionalmente - di custodire in un garage chiuso autoveicoli di terzi, 
previo corrispettivo), e quindi non abbisogna di autorizzazione di P.S. Tra 
l’altro, il ricorrente precisava che la roulotte non può essere, giuste le 
definizioni contenute nel Codice della Strada, propriamente considerata un 
veicolo, bensì un rimorchio, cosicché, anche sotto questo profilo, la 
fattispecie non può essere fatta rientrare tra le previsioni dell’art. 86.
Di diversa opinione, invece, il tribunale amministrativo della regione Veneto 
per le seguenti motivazioni:
1) L’art. 86 del R.D. 773/31, nel testo all’epoca vigente, stabiliva che, senza 
licenza di pubblica sicurezza non possono esercitarsi, oltre ad attività di 
pubblico esercizio e sale giuochi, “esercizi di rimessa di autoveicoli o di 
vetture, ovvero locali di stallaggio e simili”. Secondo il ricorrente, rileva il 
TAR, la roulotte non rientrerebbe nella nozione di “autoveicolo”, ex art. 54 
Codice della Strada, ma piuttosto in quella di rimorchio, ai sensi del 
successivo art. 56, e non troverebbe dunque ad essa applicazione quanto 
stabilito dal citato art. 86. Il ricorrente non tiene conto, però, che 
quest’ultima disposizione accomuna agli “autoveicoli” - cioè ai veicoli che si 
spostano da soli - “le vetture”; e non v’è dubbio che, soprattutto 
nell’accezione dell’epoca, queste siano i veicoli su ruote, pattini ed 
equivalenti, destinati al trasporto di cose e persone, ma non semoventi, come le 
carrozze a cavalli o, appunto, le roulottes. (cfr. TAR Veneto, III, n. 562 del 
2007)
2) A ciò va aggiunto che la giurisprudenza ha ritenuto, in prevalenza, che 
l’art. 86 sia suscettibile d’interpretazione estensiva (cfr. C.S., sez. V, n. 
6726/05 e id. n. 60/98)3 , con la conseguenza che il servizio 
commerciale di ricovero per mezzi mobili adibiti al trasporto di persone, che 
non presenta caratteristiche diverse - siano essi semoventi o meno - dagli 
“esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture, ovvero locali di stallaggio e 
simili” esige conseguentemente (non si scordi che, nel caso di specie, si tratta 
del deposito di 116 roulottes) le stesse cautele e la stessa vigilanza 
amministrativa (cfr.: sul principio: C.S., sez. V, n. 6726/05 - che conferma Tar 
Veneto n. 234/92; TAR Toscana, sez. II, n. 627/00 e Tar Sicilia - Palermo, sez. 
II, n. 1195/06).
3) Infondato secondo il Tar è, infine, il fatto che l’attività consista non - 
come il ricorrente suggerisce - in un mero affitto di singole aree (c.d. 
“locazione seriale di posti d’auto”) ove parcheggiare le 116 roulottes, ma in 
una vera e propria attività di custodia delle stesse in un’area recintata per i 
periodi in cui non sono in uso.
Sarebbe facile e semplice, a questo punto, una conclusione retorica, del tipo: 
può l’Italia essere considerata uno stato di diritto? Può essere considerato 
Stato di diritto un Paese dove una giurisdizione ignora platealmente l’altra? 
L’ironia in certi casi è fuori luogo e allora a funzionari e Polizia Municipale 
un consiglio o, meglio ancora, una raccomandazione: normare normare normare. 
Come indicato in premessa, l’obiettivo della qualità della normazione non è 
fatto che riguarda soltanto Stato e Regioni. Il cittadino e l’impresa hanno, 
prima di tutto, quale interlocutore il Comune. Ed è il Comune che deve fornire 
risposte puntuali, precise e, soprattutto, razionali.
31 agosto 2007
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1 Nello stesso senso la 
seguente massima: Nel caso di concessione temporanea della facoltà di sosta 
all'aperto di veicoli sul proprio terreno e previo compenso per l'occupazione e 
senza prestazione di servizio di custodia, non è richiesta, ai sensi della legge 
di pubblica sicurezza, alcuna autorizzazione, non ricorrendo esigenza di tutela 
della società e dell'incolumità degli utenti che costituisce elemento 
indispensabile per l'intervento dell'autorità. (Fattispecie di soggetto tratto a 
giudizio per la contravvenzione di cui all'art. 665, primo comma, cod. pen. 
professionalmente ed abitualmente dedito alla coltivazione di fondo di sua 
proprietà sito nei pressi di una spiaggia e che aveva concesso ai bagnanti la 
facoltà di lasciare in sosta i veicoli sotto gli alberi, percependo un 
compenso). 
Sez. I, sent. n. 2881 del 22-02-1989 (cc. del 19-01-1989), Totaro (rv 
180613). 
E ancora: Concedere a terzi la facoltà di lasciare in sosta autoveicoli su 
terreno di proprietà privata, percependo un compenso, non rientra nella 
previsione normativa dell'art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica 
sicurezza (R.D. n. 773 del 1931) che limita la necessità dell'autorizzazione 
amministrativa al solo esercizio professionale di rimessa di autoveicoli o di 
vetture, ovvero di locali di stallaggio e simili, senza includere la cessione di 
terreno privato per uso di autoparcheggio. Esercizio pubblico è un'attività 
materiale, ad oggetto determinato dalla legge, che ne assoggetta l'effettivo 
svolgimento a particolare regime per la concreta pericolosità sociale insita 
nell'attività stessa e per la correlativa esigenza di prevenzione che impone di 
assicurare che essa venga esercitata previo consenso dell'autorità, espresso 
attraverso un provvedimento, e sotto il suo controllo, o previa comunicazione 
all'autorità medesima, da parte dell'interessato, di volere esercitare 
l'attività di che trattasi. Nel nostro ordinamento non è prevista una figura 
generale di esercizio pubblico, ma sussistono fattispecie concrete di esercizi 
pubblici (art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), le quali 
costituiscono categorie positive indicate direttamente dalla legge. 
Sez. I, sent. n. 12932 del 27-09-1990 (cc. del 12-06-1990), Prencipe (rv 
185442). 
2 La sentenza è disponibile nel sito disponibile nel sito
www.giustizia-amministrativa.it 
3 Di diverso avviso, come si è precisato, è la Cassazione Penale che 
insiste sull’elencazione tassativa.