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  Il 2 ottobre scorso è iniziato al  Senato, l’esame del ddl Capezzone “ Modifiche alla normativa sullo sportello  unico per le imprese e disciplina dell' avvio dell' attività di impresa”  L’obiettivo è chiaro: rilanciare uno strumento di semplificazione  procedimentale prima del compimento del decimo anno di vita. Ancora oggi, per  avviare o esercitare un'attività di impresa, si legge nella relazione di  presentazione, vige il generale principio di priorità dell'intervento  amministrativo. Questo ha determinato, si legge ancora, il sostanziale  «imbrigliamento» delle iniziative imprenditoriali, la loro innaturale burocratizzazione,  la lentezza dei procedimenti autorizzatori, la mortificazione - in definitiva -  di buona parte delle potenzialità di sviluppo della nostra economia. Ammantare  di una patina nuova questo istituto con la nomina del Sindaco, dove lo  sportello non è istituito, a responsabile del procedimento unico, è la  provocatoria soluzione del parlamentare radicale che ha ottenuto la  sottoscrizione della sua proposta da 36  parlamentari di ambedue gli schieramenti¹.
  
  Sul fronte opposto, è iniziata alla  Camera la discussione del disegno di legge 2161 presentato su proposta del  Ministro Nicolais d’intesa con quello dell’economia e finanze Padoa Schioppa.  Il disegno di legge “Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni  pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese”  prevede significative novità alcune delle quali sono ben più pregnanti delle  sanzioni a carico dei dirigenti che non rispettano i tempi previsti per la  conclusione del procedimento o non rendono pubblico l’elenco dei procedimenti  sottoposti al regime della denuncia di inizio attività e silenzio assenso, di  cui i mezzi di comunicazione hanno enfatizzato la portata. Tale disegno di  legge, infatti, assegna, inequivocabilmente, allo Stato la competenza in  materia procedimentale con riferimento alla dichiarazione di inizio attività ed  il silenzio assenso, facendoli rientrare nel “livelli essenziali delle  prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m) della  Costituzione.
  
  Già Franco Bassanini, nella relazione  della prima Commissione permanente del Senato, aveva analizzato queste  problematiche, nel 2003, nel momento in cui si andava ad integrare l’originaria  articolazione della legge 241 del 1990. La relazione al disegno di legge 1281 A della 14°  legislatura, analizza in maniera puntuale le questioni connesse alla competenza  nella materia dell’azione amministrativa, dopo la novella dell’art. 117 della  Costituzione.
“Tra le riforme amministrative della  XIII legislatura, lo Sportello unico delle attività produttive occupa un posto  a sé stante, scrive oggi Franco Bassanini su un volume fresco di stampa, se non  altro perché era direttamente finalizzato a favorire un percorso di sviluppo  economico basato su uno dei punti di forza della società italiana, vale a dire  la ricchezza di spirito imprenditoriale. L’idea – del resto imitando quanto si  stava facendo negli stessi anni in altri paesi occidentali – era che la nascita  di nuove imprese sarebbe stata facilitata dalla presenza di un unico punto di  interfaccia con l’amministrazione pubblica tanto più se esso non si limitava a  svolgere un ruolo passivo, ma svolgeva contemporaneamente una funzione promozionale,  attraverso ad esempio il marketing territoriale”². 
Le cose, poi, sono andate in maniera  diversa. Del resto, ogni innovazione stenta ad imporsi se, contestualmente, non  sono fissati gli strumenti per renderla obbligatoria. Si può anzi dire,  relativamente a quest’aspetto, che il mancato decollo di questo istituto è  determinato da un insieme di motivazioni tecniche e culturali riconducibili sia  alla attuale dirigenza amministrativa che a quella politica.
  
  Il disegno di legge Capezzone, oggi,  riporta l’attenzione su questo istituto che, assieme alla dichiarazione di  inizio attività e alla conferenza dei servizi, ha rivoluzionato la burocrazia  italiana nell’ultimo decennio del secolo scorso. Nato da una costola della  legge di riforma 59 del 2007, è stato il d.p.r. 447 del 1998 ad aver dettato le  regole per quello che doveva diventare l’uovo di Colombo della semplificazione procedimentale.  Un unico responsabile di un unico procedimento che si attiva, sollecita,  convoca e ascolta tutti gli eventuali controinteressati, pondera e alla fine  decide. Tessera dopo tessera, il mosaico è stato costruito con una minuzia  degna del migliore artista. La sussidiarietà verticale e la valorizzazione,  quindi, delle autonomie locali, portava inevitabilmente ad assegnare un ruolo  da protagonista al comune prima ancora della novella dell’articolo 114 Cost.  Adesso la macchina si rimette in moto ma, proprio alla luce del nuovo riparto  delle attribuzioni, risulta utile richiamare le considerazioni che l’allora  senatore Franco Bassanini aveva espresso nella relazione al disegno di legge  governativo, nel momento in cui si evidenziava come la  materia dell’azione amministrativa non compare  espressamente fra quelle riservate alla sua potestà legislativa esclusiva dello  Stato. La constatazione di questa assenza, rilevava Bassanini, non è risolutiva  (al fine di poter ritenere che la materia rientra nella potestà residuale  assegnata alle regioni), dovendosi indagare se nella definizione costituzionale  delle materie di competenza esclusiva non si ritrovino materie che possano  ricomprendere, in tutto o in parte, la disciplina generale dell’azione  amministrativa.
  
  Il massiccio lavoro svolto dalla Corte  Costituzionale in questi anni per dirimere le questioni insorte tra Stato e  regioni, la dicono lunga sulla necessità di porre punti fermi. Ed è per questo  motivo che nel ddl Nicolais, il riferimento alla lettera m) dell’art. 117  riguardo alle disposizioni in materia di dichiarazione di inizio attività e  silenzio assenso è quanto mai opportuno. Tuttavia, alla fine degli anni 90, un  altro istituto è stato affiancato ai due procedimenti di semplificazione: lo  sportello unico per le imprese e il connesso procedimento unico.
  
  La disciplina relativa allo sportello  unico è contenuta nel Regolamento recante norme di semplificazione dei  procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la  ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di  opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate  agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15  marzo 1997, n. 59”  Un titolo pomposo per un articolato che, in soli undici articoli, getta solide  basi per ridare competitività al Paese. Attraverso lo sportello unico per le  imprese, i comuni assicurano la certezza dei tempi e la semplificazione delle  procedure necessarie alla realizzazione, ristrutturazione, ampliamento,  cessazione, riattivazione e riconversione, localizzazione di impianti  produttivi di beni o servizi. Ma è evidente che il ddl Capezzone all’esame in  questi giorni al Senato, con le sue provocatorie soluzioni raggiungerà  pienamente il suo obiettivo soltanto se le nuove regole saranno applicate in  tutto il Paese. Lo strumento per raggiungere lo scopo è di far rientrare le  disposizioni relative al SUAP nell’alveo della lettera m) dell’articolo 117,  come ha fatto il Ministro Nicolais per la d.i.a. ed il silenzio assenso. Questa  soluzione non priva certamente le regioni della loro autonomia che, tra  l’altro, conterebbe ben poco in un Paese senza risorse economiche, ma con 21  discipline diverse per un istituto nato con il fine di semplificare.
  
16 ottobre 2007
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¹Una lettura critica  della soluzione che vede il  sindaco,  responsabile del procedimento, è espressa da Luigi Oliveri sul sito  www.lexitalia.it in “I passi incerti dell’ordinamento in cerca di  liberalizzazioni” 
²F.Bassanini, B. Dente, Gli sportelli unici per le attività  produttive: fallimento o rilancio? Astrid, Passigli Editori, 2007, p.5