: La questione posta è di estrema attualità in quanto sta maturando, a livello di 
base, da parte dei sindaci e amministratori locali in genere, una progressiva sensibilità 
alle conseguenze che la diffusione del gioco sta determinando soprattutto nei confronti 
delle fasce più deboli della popolazione e, quindi, più esposte. L’interesse di 
chi amministra una comunità è, pur tuttavia, diametralmente opposto (in termini 
di finalità) a quello che persegue l’Amministrazione dei Monopoli di Stato che, 
individuate le debolezze o le passioni del cittadino, punta su queste per incrementare 
le risorse dello Stato. Lo stesso Consiglio di Stato in alcune recenti sentenze 
ha evidenziato questo ruolo atipico dello Stato-biscazziere invitando il Governo 
a riordinare la legislazione in materia che necessita di coerenza. Da un lato, infatti, 
si favorisce il gioco d’azzardo (anche se si creano i presupposti giuridici perché 
questo sia lecito) e dall’altro lo si punisce penalmente.
Riguardo alle novità in atto sull’argomento, 
si segnala il contributo pubblicato sulla rivista telematica di EDK editore a questo 
indirizzo:
http://www.edkeditore.it/edk/webimg.nsf/eddb3fba5996dbffc1256de500352a8b/eeb01dc22f168f06c125753f005c72a4/$FILE/3.htm
 
Entrando nello specifico del quesito 
posto, si deve purtroppo rilevare, come risulta dalla sentenza che, integralmente, 
si riporta in calce, che i tentativi perseguiti da altre amministrazioni comunali 
non sono andati a buon fine anche se i presupposti che avevano indotto ad operare 
le scelte potevano essere ritenuti convincenti. Ma quello in cui viviamo è uno Stato 
di diritto in cui è necessario operare con una certa furbizia per ottenere risultati 
soddisfacenti.
Ciò premesso, e preso atto che la 
materia del gioco è una normativa la cui competenza è statale, con la conseguenza 
che gli eventuali limiti posti dal Comune sono confliggenti con tale competenza, 
va ricercato un ambito in cui l’Amministrazione comunale ha la possibilità di intervenire. 
Un buon esempio da citare è l’ordinanza che ha fatto il Comune di Sant'Elia Fiumerapido, 
dove i minori di 16 anni. non potranno piu' acquistare gratta e vinci, giocare alle 
slot e soprattutto comprare oggetti che possono risultare pericolosi per la loro 
incolumita' e quella degli altri. 
La notizia, che è stata rilanciata 
il 22 dicembre scorso dal sito
www.marilisabombi.it
 promuove l’ordinanza straordinaria approvata dalla giunta. Secondo quanto hanno 
affermato il Sindaco del paese,  Fabio Violo e l'assessore alla pubblica sicurezza, 
Giancarlo Vacca. "Il comune di Sant'Elia Fiumerapido e' impegnato nella promozione 
di comportamenti responsabili e consapevoli contro le gravi e complesse problematiche 
relative agli atti di bullismo, all'abuso di fumo e alcol tra gli adolescenti - 
spiegano - e per questo si e' deciso di attuare il programma varato dal consiglio 
dei ministri il 16 febbraio del 2007 "guadagnare salute" che prevede, anche da parte 
dei governi locali, l'adozione di iniziative per contrastare comportamenti nocivi, 
che creano malattie o che con atteggiamenti dissoluti pesano sui sistemi sanitari 
e sociali. 
Il testo dell’ordinanza è disponibile 
nel sito sperimentale
http://www.albopretorio.it/gd/
Insomma, qualcosa si può fare, fermo 
restando che, a giudizio di chi scrive, queste ordinanze rientrando nella materia 
della “sicurezza urbana” sono di competenza del  Sindaco.
Peraltro,  una costante attività 
di vigilanza sul rispetto del contingentamento e del divieto del gioco ai minori, 
può di per se rappresentare un freno alla diffusione del fenomeno. Tuttavia, alcune 
ulteriori ipotesi di intervento per perseguire il fine, senza intaccare la competenza 
in materia di contingentamento che la sottoindicata sentenza ribadisce essere di 
competenza esclusiva dello Stato, possono essere le seguenti:
	- obbligo di esposizione su ogni apparecchio comma 6, di un cartello indicante 
il divieto del gioco ai minori di anni 18;
- obbligo di collocazione degli apparecchi di cui al comma 6, in un’area visibile 
dall’esterno. (Il rispetto di quest’obbligo perseguirebbe due obiettivi. Il primo 
è quello di effettuare una costante vigilanza, da parte degli operatori di PM, circa 
il corretto utilizzo dei giochi con riferimento all’età degli avventori, il secondo 
è quello connesso alla dissuasione, ciò in quanto chi gioca, di norma, tende a nascondersi 
e non a caso i giochi di cui al comma 6 vengono relegati negli angoli più appartati 
nei PE).
 
Altri vincoli atti a contenere la 
diffusione degli apparecchi possono essere individuati in base all’esperienza della 
realtà territoriale.
 
T.A.R. Lombardia–Milano – Sez. IV 
- Sentenza 9 novembre 2005, n. 3951
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale 
della Lombardia - 4^ sezione - ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso R.G. 603/2005 e successivi 
motivi aggiunti proposti da zxzxzxzxzx, in persona del legale rappresentante pro-tempore, 
rappresentata e difesa dagli avv.ti Cino Benelli e Marco Ripamonti ed elettivamente 
domiciliata in Milano, Piazzale Bacone n. 2, presso l’avv. Nunzio Rolandi ;
c o n t r o
COMUNE DI PIOLTELLO, in persona 
del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano Nicosia, ed elettivamente 
domiciliato in Milano, presso lo studio dell’avv. Eugenio Losco, Via Fiamma n. 19;
per l'annullamento, previa sospensione 
dell’efficacia
quanto al ricorso, del provvedimento 
del Comune di Pioltello, Settore Gestione Tecnico Territoriale, del 21.12.2004, 
notificato il 3.1.2005, nonché di ogni atto ad esso preliminare, presupposto, successivo 
e conseguente, ancorché incogniti;
quanto ai motivi aggiunti, dei provvedimenti 
del Comune di Pioltello, Settore Gestione Tecnico Territoriale, del 4.5.2005, notificato 
il 5.5.2005 e del 16.5.2005, notificato il 18.5.2005, nonché del Regolamento Comunale 
per la disciplina delle attività di videogioco negli esercizi pubblici, approvato 
con deliberazione del Consiglio Comunale di Pioltello 12.7.2004, n. 53, in particolare 
art. 14, art. 2. art. 3, nonché di ogni altro atto ad essi presupposto e/o conseguente, 
ancorché incognito;
Visti il ricorso ed i motivi aggiunti 
con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in 
giudizio del Comune di Pioltello;
Viste le memorie prodotte dalle 
parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi all'udienza del 19.10.2005 
(relatore Dott. Giovanni Zucchini), i procuratori della parte ricorrente e dell'Amministrazione 
resistente;
Ritenuto in fatto e diritto quanto 
segue:
f a t t o
La società esponente, titolare di 
un esercizio commerciale nel Comune di Pioltello, con denuncia di inizio attività 
del 15.11.2004, ricevuta dal Protocollo del Comune in data 16.11.2004, dichiarava 
che avrebbe provveduto ad installare, all’interno del proprio locale, due apparecchi 
da trattenimento o da gioco di abilità con le caratteristiche di cui all’art. 110, 
comma 6°, del R.D. 773/1931 (T.U.L.P.S., Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza), 
già autorizzati dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Con provvedimento del 21.12.2004 
il Comune, richiamata la denuncia presentata, disponeva l’immediata cessazione degli 
effetti della stessa, in quanto ritenuta in contrasto con le norme del regolamento 
comunale in materia, diffidando la società dal mettere in esercizio i due apparecchi.
Contro il provvedimento comunale 
era proposto ricorso, con richiesta di sospensione dell’atto impugnato, denunciandosi 
la violazione di norme costituzionali (artt. 97, 24 e 113 della Costituzione); di 
norme di legge (artt. 3 e 19 legge 241/1990, art. 1 DPR 311/2001, artt. 12, 86 e 
110 del RD 773/1931, art. 5 legge 287/1991, art. 14 legge regionale 30/2003), oltre 
che l’eccesso di potere sotto molteplici profili, chiedendosi anche, seppure ad 
abundantiam e per scrupolo difensivo, la disapplicazione del Regolamento comunale 
sull’attività di videogioco.
Si costituiva in giudizio il Comune, 
chiedendo il rigetto del gravame.
In esito all’udienza camerale del 
22.3.2005, la domanda cautelare era accolta, vista la mancanza di motivazione del 
provvedimento, seppure ai soli fini del riesame della questione da parte dell’Amministrazione.
Con determinazione del Dirigente 
del Settore Gestione Tecnico Commerciale del 16.5.2005, il Comune confermava il 
precedente atto di diniego, visto il regolamento comunale sull’attività di videogioco, 
adottato con deliberazione n. 53/2004 del Consiglio Comunale ed in particolare l’art. 
14 dello stesso, in forza del quale nella zona di Pioltello Nuova, ove è collocato 
l’esercizio della società, devono essere vietate nuove installazioni di videogiochi 
e contenuta la consistenza di quelli esistenti nei limiti delle disposizioni di 
legge.
Nei confronti della citata conferma 
di diniego, l’esponente proponeva motivi aggiunti, con nuova domanda di sospensiva, 
ribadendo le censure già mosse con il ricorso principale e chiedendo altresì l’annullamento 
del citato Regolamento comunale, rimarcando che lo stesso – quanto meno nelle parti 
in cui prevede un contingentamento per zone degli apparecchi da videogioco leciti 
– sarebbe stato adottato in mancanza di qualsivoglia fondamento legislativo.
Con ordinanza pronunciata dopo la 
nuova udienza cautelare del 26.7.2005, il TAR sospendeva anche il provvedimento 
di conferma, ritenendo che la potestà regolamentare comunale non fosse dotata di 
adeguata base legislativa, ferma restando la necessità di osservare i limiti numerici 
previsti dalla legislazione statale.
Con memorie successivamente depositate, 
le parti illustravano le rispettive posizioni.
All’udienza pubblica del 19.10.2005, 
la causa era trattenuta in decisione.
d i r i t t o
Il ricorso ed i motivi aggiunti 
sono fondati.
1. Preliminarmente, si evidenzia 
che il provvedimento del 21.12.2004, gravato con l’impugnativa principale, è viziato 
da carenza di motivazione, visto che contiene, quanto alla parte motiva, un solo 
richiamo al regolamento comunale. Tale richiamo è poi assolutamente generico, visto 
che non fa riferimento né alla specifica norma regolamentare violata né – soprattutto 
– alle ragioni fattuali che determinano il contrasto dell’iniziativa della ricorrente 
con il regolamento stesso.
2. In secondo luogo, ritiene il 
Collegio di dover affrontare, in riferimento in particolare al provvedimento impugnato 
con i motivi aggiunti, la questione  della legittimità del Regolamento comunale 
sull’attività di videogioco negli esercizi pubblici, con riguardo particolare al 
punto 3 dello stesso (denominato “Obiettivi e norme regolamentari”), laddove (sesto 
periodo) definisce il livello di concentrazione di videogiochi nelle zone in cui 
è suddiviso il territorio comunale, oltre che con riferimento all’art. 14 della 
parte denominata “Norme e direttive” (articolo rubricato “Prescrizioni per zone”), 
laddove fissa i limiti di concentrazione degli apparecchi per ogni zona del territorio 
comunale.
Dal combinato disposto di tali prescrizioni, 
l’Amministrazione ha fatto derivare il divieto, per la società esponente, di collocare 
i due apparecchi oggetto della denuncia di inizio attività.
Il Regolamento, nelle parti citate, 
appare illegittimo, in quanto, come già esposto dal Tribunale in esito dall’udienza 
cautelare del 26.7.2005, l’esercizio della potestà regolamentare in materia da parte 
del Comune non è assistito da alcun fondamento legislativo.
La disciplina del contingentamento 
e dei limiti all’installazione degli apparecchi di videogioco, ispirata ad evidenti 
finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, è rimessa alla normativa 
statale, chiamata a contemperare le suindicate finalità con la tutela del principio, 
anch’esso di rilevanza costituzionale, di libertà di iniziativa economica privata, 
rientrando l’attività di videogioco fra le normali attività d’impresa, soggette, 
quanto al regime autorizzatorio, a semplice denuncia di inizio attività, ai sensi 
dell’art. 19 della legge 241/1990 (si veda, sul punto, il parere del Consiglio di 
Stato, Sezione per gli Atti Normativi del 23.2.2004, n. 676, nel quale la normativa 
sugli apparecchi idonei per il gioco lecito è indicata come <<finalizzata in maniera 
preminente a tutelare esigenze connesse con l’ordine e la sicurezza pubblica (…) 
può essere ricondotta a materia per la quale lo Stato ha legislazione esclusiva 
e, conseguentemente potestà regolamentare>>).
Con legge n. 289/2002, è stata rimessa 
ad un decreto interdirigenziale dei dirigenti del Ministero dell’Economia e delle 
Finanze, la scelta del numero massimo degli apparecchi o congegni da installare.
Alla legge ha fatto seguito il Decreto 
del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 27.10.2003, che fissa un numero 
massimo di apparecchi in ogni bar o esercizio assimilabile, in relazione alla superficie 
destinata alla somministrazione.
Attraverso la fissazione di tale 
limite, si è realizzato il citato contemperamento fra la tutela dell’ordine e della 
sicurezza pubblica e quella della libertà di iniziativa degli operatori economici.
L’eventuale intervento regolamentare 
dei Comuni nella materia dell’attività di videogioco non può riguardare, pertanto, 
la disciplina del contingentamento numerico degli stessi, già definito dalla normativa 
statale (legislativa e regolamentare), giacché l’eventuale regolazione comunale 
configurerebbe non solo un indebito intervento nella materia della tutela dell’ordine 
e sicurezza pubblica (rimessa alla potestà legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 
117, comma 2°, lett. h della Costituzione), ma anche una indebita restrizione del 
diritto di libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Costituzione).
Se è pur vero che l’art. 117 della 
Costituzione riconosce ai Comuni potestà regolamentare sull’organizzazione e sullo 
svolgimento delle funzioni loro attribuite, tale potestà non consente certo- pur 
se motivato da ragioni sociologiche, anch’esse peraltro di dubbia collocazione, 
quanto in particolare ai rimedi per contrastare gli effetti dell’uso prolungato 
degli apparecchi di videogioco, nell’ambito della potestà regolamentare attribuita 
ai comuni-  interventi che abbiano l’effetto di interferire direttamente od 
indirettamente su funzioni (tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza) di spettanza 
statale e di incidere quindi anche su diritti costituzionalmente garantiti collegati 
(come quello di cui all’art. 41 della Costituzione).
La sentenza del TAR Emilia-Romagna, 
sezione di Parma, n. 149/2004, citata dalla resistente, non induce a conclusioni 
diverse.
Infatti, la pronuncia concerne l’impugnativa 
del regolamento del Comune di Piacenza del 2000 (quindi anteriore all’entrata in 
vigore del decreto ministeriale del 2003), che fissava un limite di installazione 
di apparecchi in dipendenza della superficie dei locali.
Nella sentenza, peraltro, si dà 
atto che, all’epoca, la disciplina statale non poneva alcun limite di tale genere.
Orbene, ad oggi la materia – considerata 
di competenza statale dal menzionato parere del Consiglio di Stato del 2004 - ha 
visto l’intervento del legislatore statale (legge 289/2002 e successivo decreto 
ministeriale), precludendo così l’esercizio della potestà comunale, quantomeno per 
gli aspetti legati ai limiti numerici degli apparecchi ed al connesso limite all’esercizio 
della libertà d’impresa. 
L’eventuale intervento regolatorio 
del Comune in materia deve pertanto rispettare le competenze proprie dello Stato, 
potendo riguardare soltanto funzioni proprie del Comune, quale rappresentante della 
comunità locale (si pensi, a mero titolo di esempio, alle eventuali campagne di 
sensibilizzazione sui rischi degli abusi da videogioco, soprattutto se illecito).
Da quanto sopra evidenziato consegue 
l’illegittimità, in parte qua, del Regolamento comunale.
3. Quanto al provvedimento del 16.5.2005, 
di conferma del diniego originario, nel quale l’Amministrazione sembra, almeno apparentemente, 
avere motivato le ragioni della propria determinazione, anch’esso è illegittimo, 
attesa la declaratoria di annullamento del Regolamento Comunale e segnatamente dell’art. 
14 dello stesso, che prevede limiti all’installazione di apparecchi per zona del 
Comune, in aggiunta ai limiti (rispettati dalla ricorrente), previsti dalla normativa 
statale.
4. Sussistono, in forza della novità 
e della peculiarità della causa, giustificati motivi per la compensazione integrale 
fra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale 
della Lombardia - 4^ sezione – definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi 
aggiunti in epigrafe, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati, fra 
i quali il Regolamento del Comune di Pioltello sull’attività di videogioco negli 
esercizi pubblici, adottato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 53 del 12.7.2004, 
limitatamente alla parte contrassegnata con il numero 3, denominata <<Obiettivi 
e norme regolamentari>>, oltre che all’art. 14, rubricato <<Prescrizioni per zone>>, 
della parte denominata <<Norme e Direttive>>.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza 
sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Milano, nella Camera 
di Consiglio del 19.10.2005, con l'intervento dei signori:
- Maurizio Nicolosi -    
Presidente
- Alessandro Cacciari -   
Referendario
- Giovanni Zucchini -    
Referendario - Estensore
Il Presidente     
L'Estensore