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A proposito della circolare del Mise sul d.lgs 59/2010
 

Ma è una circolare illustrativa o interpretativa? Insomma, se di primo acchito si è iniziata con interesse la lettura della circolare 3635 del 6 maggio 2010, cercando di trovare risposta ai numerosi dubbi che sono sorti l’indomani della lettura del testo del decreto legislativo 59/2010, è bastato poco per perdere ogni speranza. Per il Ministero si tratta di una circolare esplicativa ma, a dire il vero, dalla sua lettura non si evincono particolari sussidi per l’interpretazione di disposizioni per certi versi oscure. Ciò che si chiede ad una circolare esplicativa, infatti, è di chiarire i punti oscuri e non soltanto riassumere il contenuto delle nuove disposizioni. Sotto questo punto di vista la circolare ha fallito per diverse questioni. Di alcune, qui di seguito, se ne riassumono le problematiche rinviando ad un più ampio commento l’analisi delle specifiche questioni. Riguardo il punto 2.2., il Mise – sulla base anche di un precedente parere del Ministero dell’Interno che non ha mai tenuto conto delle interpretazioni che la Corte costituzionale ha nel tempo fornito anche con riferimento alle competenze trasferite, i requisiti per l’esercizio dell’attività di somministrazione sono non solo quelli previsti dalla legge di settore ma anche quelli del Tulps. Non ci si può non chiedere, a tale proposito, se il redattore della circolare ha letto le disposizioni alle quali ha fatto riferimento. Ciò in quanto l’art. 71, comma 2 del d.lgs 59/2010, ripropone pari pari ed anche con qualche aggiunta, il contenuto degli articoli suddetti. Anche al costo di risultare tediosi, non si può non rilevare il fatto che la circolare ha completamente trascurato di cercare di chiarire come possano essere sottoposte a dichiarazione di inizio attività fattispecie per le quali si applicherebbe ancora l’articolo 11 del Tulps che, ormai dovrebbe essere noto, presuppone l’esercizio della discrezionalità da parte dell’ente, con riferimento al secondo comma. Chi scrive, al fine di giustificare l’operato del Governo, ha fin da subito ritenuto che in tal modo la suddetta discrezionalità veniva automaticamente rimossa, nel senso che coloro i quali si trovano nelle fattispecie individuate dall’articolo 11, comma due del tulps possono ritenere di possedere i requisiti necessari. Si sorvola, nel senso che sarebbe necessario riservare perlomeno alcune pagine, alla questione connessa alle infrazioni nel settore del gioco che dall’8 maggio rappresentano una delle condizioni perché sia dichiarata la decadenza del titolo autorizzatorio. I problemi collegati alla dipendenza al gioco che l’immissione sul mercato di migliaia di news slot ha determinato sono drammatici, ma non è corretto scaricare su una categoria la responsabilità per una disciplina, quale quella che regola il comparto del gioco, totalmente oscura. La vicenda delle black slot che pur essendo state dichiarate lecite da Aams sono state, invece, riconosciute illecite dalla procura di Venezia è soltanto il caso più eclatante. In questi ultimi vent’anni, violare inconsapevolmente una disposizione in materia di gioco è stata ed è la cosa più semplice che ci sia. Di conseguenza, inibire l’esercizio dell’attività di somministrazione ha chi ha sbagliato anche soltanto una volta e non imporre pari obbligo anche a coloro i quali intendono aprire una sala giochi è assolutamente discriminatorio e, quindi, incostituzionale perché viola il principio di eguaglianza. Una sola ulteriore questione prima di lasciare che i programmi per il prossimo week end prendano il sopravvento: la faccenda del trasferimento dell’attività. Secondo il Mise, (vedi punto 3 della circolare) nell’ipotesi in cui il trasferimento viene ad essere disposto verso una zona soggetta a limiti è necessario procedere alla richiesta di autorizzazione e non è quindi sufficiente presentare una Dia neppure ad efficacia differita. Ma che fa il Ministero: si sostituisce al Governo? Relativamente a quest’aspetto la norma contenuta all’art. 64, comma 1 è assolutamente coerente laddove distingue il trasferimento di sede dal trasferimento in gestione, nel senso che il primo è assoggettato a Dia differita mentre il secondo a Dia immediata. Non c’è alcun motivo, quindi, di disapplicare la disposizione come suggerisce il Ministero perché nell’ipotesi in cui il trasferimento non sia ammissibile il Comune avrà trenta giorni di tempo per comunicarlo alla ditta che, di conseguenza, non lo attuerà.
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