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Nota a sentenza: il Sindaco è responsabile di ciò che firma
 

Configura il reato di falso in atto pubblico adottare la prassi semplificata di firmare le autorizzazioni senza prendere conoscenza dell’istruttoria del procedimento. Lo ha stabilito la Sezione V della Corte di cassazione penale, con la sentenza n. 10720 del 10 marzo 2008, che ha respinto il ricorso del vice sindaco di Palagiano che si era visto, in appello, capovolgere a suo sfavore, la decisione del tribunale di Taranto. Assolto in primo grado, perché il fatto non costituisce reato, il giudice di merito ha, poi, valutato la situazione da un punto di vista opposto. La Cassazione penale, infatti, ha convalidato l’opinione della Corte d’appello di Taranto, la quale aveva ritenuto che firmare un’autorizzazione sanitaria dando atto che c’era il parere favorevole dell’Asl, quando questo invece era assente, configura il falso. A nulla serve dichiarare, secondo la Corte, che il vice Sindaco non aveva avuto la possibilità di visionare il parere dell’Asl, in quanto il fascicolo non era stato allegato al provvedimento da firmare. Il problema, infatti, aveva accertato il Giudice di merito, era che esistevano due procedure: una semplificata, a vantaggio dei raccomandati, l’altra normale, per tutti gli altri. In una il fascicolo non serviva, nell’altra invece sì. E’ fuori discussione, sostiene la Corte, “ la sussistenza della falsità dell’atto pubblico, dal momento che nella autorizzazione si dava atto della esistenza di un importante parere favorevole dell’autorità sanitaria, che era in realtà inesistente” Nei delitti di falso, rileva la Corte, il dolo richiesto è generico e consiste, per giurisprudenza pacifica, nella consapevolezza della falsa attestazione e questo va desunto dalla concreta condotta tenuta dall’agente. Secondo la Corte, infatti, chi firma un atto ha il preciso dovere di accertarsi della esistenza dei fatti che afferma e non può, per discolparsi, sostenere di adottare prassi illegali, che non gli consentono di operare gli accertamenti e le verifiche del caso. In conclusione, secondo la Corte, non può chi consapevolmente autorizza procedure non legittime, mettendosi in condizione di non poter effettuare i controlli e le verifiche imposte dalla legge, proprio allo scopo di garantire la correttezza e la regolarità dell’agire della Pubblica amministrazione, invocare poi a sua discolpa la prassi illegittima adottata” perché tutto ciò è contraddittorio.
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